Sunday, November 05, 2006

SALA D'ATTESA

Non so quanti aerei debba prendere una persona prima di sentirsi davvero stanca. Non è una metafora nuova, quella del viaggio. Quante volta ancora la vita può essere paragonata ad un viaggio prima che tutto questo diventi noioso? Quante volte ancora si può dire che ci si sente uno straccio prima che la gente smetta di sentire il disagio che in effetti l’ennesima partenza porta con sé? Quante volte ancora si potrà salutare qualcuno con la consapevolezza di essersi guardati negli occhi per l’ultima volta? Moltissime.
Mi chiedo che cosa ci sia di diverso ogni volta che si parte. Cambiano le valigie, cambiano i vestiti e cambia il numero dei meridiani e dei paralleli che si attraversano, ma non è questo che fa la differenza. Forse il prezzo del biglietto fa la differenza, ma i soldi vanno e vengono, li dimentichi presto. Che cosa rimane impresso dei viaggi che si fanno? Perché i viaggi che facciamo ci lasciano dentro sempre più amarezza che gioia? E’ forse che quando lasci un luogo per un altro ti rendi conto che stai lasciando qualcosa che invece vorresti tenere?
Ci sono luoghi e occasioni che sono fatti di proposito per perdersi di vista ed è questo che forse fa così male. Ci sono persone che non hanno altra funzione nelle nostre vite se non quella di farci sentire che stiamo perdendo qualche occasione. Per questo ti rimangono dentro. Perché sappiamo che le abbiamo perse. Quello che non riesco a capire è il motivo per il quale quando ci sembra di aver capito, raggiunto uno scopo, uno stato mentale o un sentimento all’improvviso poi ci accorgiamo che questo non combacia con le idee di qualcun altro o con i piani che facciamo. Vai in un posto, fai un biglietto di andata e ritorno capisci che non vuoi tornare. Ma, se tutti gli altri se ne vanno, noi che possiamo fare? Restare da soli in un posto dove saremmo ancora più soli? Non credo. E’ come quando da piccoli cercavamo di infilare il mattone quadrato dentro al buco rotondo nella scatola. Non funzionava. Poi abbiamo capito che il rotondo non va col quadrato. Cresciamo perdendoci e senza ritrovarci, anche se proviamo a ritrovarci di continuo.
Così, ci alziamo, prendiamo la nostra valigia e ci avviamo al check-in. Perdere il volo di ritorno creerebbe ancora più problemi che restare qui ad aspettare che gli altri prendano le decisioni che vorremmo prendessero. Alla fine, prendiamo tutti il volo di ritorno. E’ solo che andiamo tutti in direzioni diverse.

2 comments:

mani said...

… andiamo in direzioni diverse ma “il nucleo splendente del sentimento provato al primo incontro” resta, e resterà per sempre… All’inizio lo splendore di quel nucleo irradia tanto da accecare e farci tornare ancora, più volte, anche se solo con l’immaginazione, a tentare di far entrare quel cerchio nel buco quadrato…all’inizio ci riproveremo e nella nostra mente avremo la viva percezione di poterci riuscire… Non faremo come il bambino il quale impara e dopo un pò non ripete l’errore: egli affera l’oggetto, ne osserva la forma, le dimensioni, guarda le possibili combinazioni e senza esitare porta il cerchio nel buco rotondo… Non sbaglia più, trova a colpo d’occhio la combinazione… Noi invece si tornerà ancora a provarci… fin tanto che il tempo e la distanza avranno smorzato lo splendore di quel nucleo e non ne resterà che una perla. Una piccola sfera da custodire, il ricordo di un possibile viaggio mai intrapreso…

sagitta said...

..ogni volta che parto, non perdo ciò che lascio alle spalle, non mi angoscio all'idea di lasciare un luogo raggiunto poco prima, perchè partire non significa dimenticare e ciò che più conta è il ricordo che in me rimane indelebile, un "cristallino" che non smette mai di splendere..
ogni volta che parto, vado ad un nuovo incontro: bello o brutto che sia, mi offrirà qualcosa..