Saturday, July 01, 2006

COGITO ERGO SUM

Io penso in continuazione. Penso sempre. Penso. Penso. Penso. Ma non succede come scriveva Cartesio, penso dunque sono. Quando penso troppo mi perdo, non sono più. Sono una voce senza tono nella mia testa che costruisce frasi, che si fa paura e si gioca brutti scherzi da sola, che costruisce ragionamenti, che articola idee, alcune buone e alcune che perfino a pensarle c’è da vergognarsi. Non so dire se questa voce sono io o no. Ci dovrei pensare.
Una volta non pensavo mai a questo fatto del pensare. Ora lo trovo miracoloso. Biologicamente, umanamente, in ogni senso miracoloso e terrificante. Non verrò mai a capo dei dubbi sui quali mi si incastra il cervello. Mi viene in mente la puntina del giradischi nel salotto, quando per l’ennesima volta da piccola con le mie sorelle ascoltavamo il trentatré di Grease senza sapere che cosa fossero né un trentatré né Grease. A volte mi do una botta con la mano su una tempia, trattando la mia testa come il povero giradischi in salotto. Mi pare che funzioni: la puntina esce dal solco dove si era incastrata e tutto ricomincia a girare. Però so che la differenza è che sono io a decidere che la mia puntina deve uscire dal solco. La botta in sé in questo caso non serve a niente.
Mi chiedo dove uno trovi la forza di far uscire quella maledetta puntina dal solco ogni volta. In sé questo fatto non è di difficile comprensione: quando un disco salta provoca un fastidio irrefrenabile dentro di noi perché si interrompe un fluire di suoni, parole, si produce qualcosa di singhiozzante e anormale. Di solito si aspetta un po’, per vedere se la puntina torna a posto da sola, ma la nostra pazienza si esaurisce in fretta, così ci scaraventiamo sul giradischi e lo colpiamo di lato, così tutto va a posto. Non siamo mai né troppo rudi né troppo violenti: si potrebbe spaccare tutto, rovinare la puntina (e poi chissà quanto ci vuole e cambiarla!), segnare il disco. Lo stesso vale per la mia testa. Prima devo accorgermi che qualcosa si è incastrato, il che significa che devo concentrarmi su quello che sto pensando. Quest’altro fatto non è così scontato come si potrebbe pensare: uno può benissimo pensare senza concentrarsi su quello che sta pensando, credo si chiami soprappensiero. Aspetto un po’, per vedere se la mia testa va avanti da sola. Poi mi spavento un po’, perché penso che forse il mio disco si è rovinato un bel po’, visto che la puntina non esce dal solco. Quando mi sono spaventata abbastanza mi do un colpo in testa con la mano e cerco di non avere più paura. Faccio qualcosa, di solito qualcosa di abitudinario, di routiniero: mi gratto un braccio, mi do un bacino sulla mano oppure mi mangio un’unghia. Mi recupero facendo le cose che faccio sempre senza pensare. Perché se penso troppo mi perdo e io penso sempre troppo.